Mia amata,
dietro quella tenda ci sono le lettere che non ho mai spedito.
Sono appese a imposte mai spalancate e testimoniano il fatto che non sempre è necessario essere fuori, per conoscere l’Aperto.
Sono lettere scritte per chi mi ha portato i mattini inquieti e il profumo dei fazzoletti; mi ha fatto conoscere dove dormono i topi che rosicchiano i sogni e le pagine; mi ha fatto scoprire le tasche segrete in cui è possibile conservare le parole come elemosine per quando l’inverno degli abbandoni svuoterà i nostri cuori.
In quelle tasche magiche, mia amata si nasconde la vita che ritorna, a patto che ogni sera si porti da mangiare alle parole e ai topi.
Chi non lo fa si perde nei labirinti del tempo, perché i topi affamati arrivano e al guinzaglio delle streghe, sgranocchiano tutto.
Quei labirinti portano il nome delle perdite e delle dimenticanze e non è colpa del tempo se qualcuno vi lascia le cose e la vita.
Quelle lettere non spedite mi ricordano che ogni sera bisogna dare da mangiare alle parole. Qualche ricordo, promesse di futuro anche a pezzettini, qualche considerazione lieve sulla vita che si avvera di passo in passo e poi dilegua, come l’acqua nelle linee dei palmi.
Ogni sera dietro quella tenda, a quelle parole porto in pasto la mia vita, come per affacciarmi sulle strade di quello che vale e che resta quando il vento sarà passato a prendersi quello che non ci appartiene.
Così ho scritto senza mai spedire, perché forse non agli altri erano indirizzate quelle parole, mia amata, ma a me. Da altri provocate a me le ho rivolte perché potessi mettere ordine alle cose, scrivere il diario del viaggio nelle sere dei riposi, scrivere le formule del ritorno nella sera in cui si è partiti.
Ho scritto lettere mai spedite perché in fondo la scrittura è un rassettare di memorie e di fantasticazioni, il modo più dolce che conosco per chiedere alle cose di restare un altro po’.
Quando a sera chiudo le tende, mia amata, le lettere vanno a dormire e le parole si schierano sulla superficie del buio, come delle custodi che ti accarezzano i capelli se ti viene la paura. Nel silenzio chiudo gli occhi e metto le mani nelle tasche. Quando le tiro fuori mi è rimasta impigliata tra le dita la parola Canzone. Allora partono dei suoni, delle parole e all’improvviso vengo a prenderti per ballare in mezzo ai prati. Sono chiuso nel mio letto e sento la primavera che scoppia di felicità. Perché se trovi le parole giuste, mia amata, non è necessario essere fuori, per conoscere l’Aperto.
A presto, mia amata.
Muro Lucano, 25 febbraio 2017