Dove si parlerà di parole, formule e moine, di vocabolario e di retorica
Chi è lo scrittore?
Non importa quanto cavernosi o alti siano i pensieri e i concetti espressi da uno scrittore.
Di qualunque levatura essi siano, lo scrittore resterà sempre un superficiale, vale a dire un traduttore dalla profondità all’ampiezza, dal dietro le quinte ai sipari.
La sfida straordinaria di uno scrittore consiste nel richiamare tutto l’altrove possibile nel luminoso qui della pagina.
Non a caso un acutissimo scrittore e pensatore come Valery scrive: “il più profondo è la pelle”.
La dimensione superficiale della scrittura ci consente anche di aprire una breve digressione per smontare un vecchio retaggio. Chi attribuisce “superficiale” a qualcuno, spesso intende dire che è una persona poco sensibile e poco profonda, piuttosto che cangiante, spaziata, nomade, multicolore, polifonica.
Al contrario, chi attribuisce “profondo” a qualcuno, spesso intende dire che è molto profondo, sensibile, acuto, piuttosto che scarsamente esteso.
Bene, la scrittura è il luogo in cui la parola stesa sulla pagina, lo spaziamento epidermico del testo, capovolgono questo pregiudizio e aprono scenari di potente ripensamento sulla profondissima superficialità dell’esistenza.
A proposito di superficie, se lo scrittore è un superficiale, lo scrittore è anche un geografo.
Duemila anni fa un anonimo autore di un trattato di Geografia intitolato “Somiglianza”, paragonò la Terra a una Testa. Se dopo duemila anni noi parliamo di Faccia della Terra piuttosto che di Testa , forse è avvenuto qualcosa che ci ha fatto perdere le profondità a beneficio delle superfici.
Qui entra in gioco la differenza tra i due termini con cui viene chiamata la Terra: Gè e Cton.
Gè in latino equivale a Gaia, che significa Terra che brilla e splende alla luce. L’altro nome, Cton, significa invece sotterraneo, nascosto. Un giorno i figli di Cton, che si chiamano Titani, uccidono Dioniso. Dioniso è il Dio della vitalità incontrollabile, della tracotanza, è il Dio dell’infinita e insaziabile sete di vivere. Dioniso è il Dio che quando si guarda allo specchio vede il mondo. Un giorno i Titani, mentre Dioniso dorme gli coprono il volto di gesso. Dioniso si sveglia, va allo specchio e nell’attimo in cui non si riconosce e resta stupito viene assalito dai Titani e fatto in sette pezzi. Per un certo periodo, quindi, sembrano trionfare i figli di Cton e con essi le tenebre, la dimensione umbratile del mondo. Ci pensa Apollo, il Dio della misura, a ricomporre il corpo smembrato di Dioniso (in alcuni Atlanti il mondo è diviso in sette continenti). Apollo lo ricompone e lo pone su un altare. Un altare, una superficie, consente di rimettere in sesto i pezzi del mondo. Da qui il trionfo di Gè, da qui la Geografia.
Come colui che si muove nella luce del mondo e vi porta tutti i pegni/pezzi/frammenti raccolti in giro per la vita, lo scrittore è anche, quindi, un geografo.
Lo scrittore, infine, secondo un condivisibile pensiero di Calvino è anche un medico. Uno che va in giro per i dialoghi e le narrazioni a correggere la volgarità parolaia del mondo.
Ceronetti, poeta, lo direbbe così: “Una parola dilla, svegliata nelle vie della gola come un medico notturno”.
Dove va lo scrittore?
Qualunque percorso compia, il viaggio dello scrittore termina sempre nella forma. Uno stile, un genere, un modo evidente in cui si dispongono le parole e le loro combinazioni.
Relativamente alle forme, è necessario dire che bisogna mettere da parte una visione “esistenziale” delle forme come creature che nascono, crescono, maturano, scompaiono in un determinato periodo e in un determinato luogo.
Le forme sono delle piazze sempre aperte, in ogni luogo e in ogni tempo. Si pensi al genere fantastico da Luciano di Samosata (II sec. dopo Cristo) a Borges.
Infine, in qualunque forma si muova, lo scrittore ha sempre come traguardo la felicità. Anche quando racconta le cose più tristi e tragiche del mondo, lo scrittore cerca di farlo dentro la forma più felice possibile.
Cosa mette nella valigia?
Per essere e fare questo, ogni scrittore ha bisogno di attrezzi, di un repertorio rispetto al quale percorrere le due direzioni della parola: quella della selezione e quella della combinazione.
Il primo strumento necessario è sua maestà il Vocabolario, da intendersi come competenza lessicale.
Il secondo è quel patrimonio formulare e immaginifico che prende il nome di Retorica.
Uno scrittore, infine, lascia sempre un vuoto nella sua valigia. Non deve dimenticare la nostalgia della parola fuori dalla superficie, la parola che non s’afferra e come una nostalgia, riconduce a quel tempo in cui era corpo, sensi, musica, danza che faceva ballare la vita.
Una canzone da ascoltare. Clicca qui.
Suggerimenti di lettura
F. Farinelli – Geografia –Piccola Biblioteca Einaudi – 2003 – pp 6-9
Luciano di Samosata – Storia vera / Dialoghi dei Morti – Oscar Mondadori – 2013 – pp. 6-9
Agota Kristof – Trilogia della città di K. – Einaudi ET
G. Deleuze – Logica del senso – Feltrinelli – 2005 – pp. 12-18
I. Calvino – Lezioni Americane – Esattezza – Mondadori – 2000
G. Ceronetti – La distanza. Poesie 1946-1996 –Rizzoli, 1996