Mia amata,
una donna ha appena finito di sospirare e il suo fiato d’inverno non dilegua.
Resta sospeso nell’orbita del suo volto come una crisalide d’aria.
Avvicino il naso alla sua bocca nel tentativo di respirare tutto il fuoco che immagino della sua vita insieme a quel senso di terra e di cielo che fanno il sapore dell’umano.
Lei resta immobile, come distratta da altri sortilegi.
Io ritiro il naso e torno alla mia strada, alla vita che come un fumo d’inverno si dissolve nel respiro del mondo.
Non so per quale motivo, ma mi viene da pensare alle parole, mia amata. Le trovo tenere. Si stringono alle cose nel tentativo di salvarle dai tramonti, pensano di poter acchiappare la vita che non s’afferra e finiscono per risuonare come gusci vuoti, sogghigni senza gatti. Balbettii fino a quando dal vento che soffia appare un poeta e dalla parola fiore sboccia un fiore.
Adesso accade qualcosa di nuovo sulla scena.
A quella donna si avvicina un uomo.
Lei se ne accorge e tira fuori dalle tasche mani che non sono mani, ma qualcosa di più prossimo alle zampe. Le avvicina dolcemente alla faccia di lui che è troppo tenera per sostenere la ferocia di una carezza e, malgrado tutti, finisce in graffi, mia amata.
Lui resta di pietra come le sirene in preda agli incanti.
Lei piega leggermente il collo e intenerisce gli occhi come per dirgli che non voleva.
Poi gli si avvicina e gli lecca le ferite.
Poco alla volta quell’uomo si scioglie e torna a battere e inizia a vociare suoni strani che si confondono con il vento che soffia e si perdono nel cigolio del mondo che gira e gira tentando di ballare. A un certo punto i suoni prendono forma e a me pare di capire che lui chieda a lei quale nome porta, come se un nome possa scovare un nascondiglio per accucciare la bellezza che respira.
Ecco, mia amata, se a volte penso ai motivi della scrittura, li trovo in questa scena. Esseri fatti di desideri e di ferite, raccolti nel tentativo di trovare le parole per guarire la paura di sentirsi soli, ritrovarsi in armonia con i destini, chiedere alla bellezza di indugiare un poco, prima di svanire nel vento che soffia.
Intanto è arrivata la sera, mia amata, e in cielo oscilla lieve la luna piena. Pare sfiorata dal pallone dei bambini, da una traiettoria che raccoglie la spensierata felicità di essere vivi e la lancia al cielo come un mazzo di primavere.
Prima di andare, mia amata, mi viene un ultimo pensiero.
Lì dove la luna dondola, da qualche parte c’è un posto vuoto, quello che gli Dei lasciano sempre alla loro sinistra. Quel posto, sospeso sugli incanti del mondo, è in palio. Lo vince chiunque sa inventare una scintilla che pareggi e superi la luce del primo giorno.
Cosa vale una parola, mia amata? Un posto alla sinistra degli Dei.
A presto.
Potenza, Libreria Sanzanome / 19 novembre 2016