Mia amata,
infine arriva il momento di andare. Per passare oltre metto addosso tutta la vita e muovo passi di bava al solo scopo di restare appiccicato ancora un poco al qui.
Intanto penso a chi lasciamo in pegno le parole, questi alberghi di ventura nati per il bivacco degli altri, queste architetture più silenziose di una piazza del De Chirico, che offrono concerti a ogni transito.
Chi passerà da questa pagina dopo di me? Non è dato saperlo, alla parola questo potere non è concesso.
Darei le mie parole in dono a tutti quelli che hanno tentato di rallentare le notti perché non smettessi di sognare; a quelli che con le mie parole e con i miei suoni da montanaro hanno costruito sguardi grandi come pianure e per le pianure hanno corso a perdifiato raccogliendo il nulla nelle braccia spalancate.
Le parole, mia amata, pane e fame dei miei giorni, sono tutto ciò che ho avuto in sorte per tenere i giorni attaccati alla lingua, per allontanarli come la solitudine nei campi di ulivo; l’unico miracolo in grado di tradurre l’acqua in vino e ubriaco di tempo riuscire a essere qui e là, dentro e fuori, sopra e sotto. Essere dappertutto e dappertutto introvabile come un Dio, come coloro che abbiamo perduto senza mai salutare e adesso si trovano dove tutto è già accolto senza nemmeno essere compreso e tutto è già compreso senza nemmeno essere pronunciato.
Le parole, mia amata, queste creature notturne che generano fuochi, questi fuochi che non sanno farsi cenere, le parole, mia amata, mi fanno pensare ai soldati che nelle trincee creavano anelli d’amore con le bustelle delle granate.
Con la distruzione in mano sognavano i baci, dalla morte spedivano batticuori alla vita.
Come se fosse necessario diventare stranieri per amare fino in fondo una terra e guardare in faccia la fine per ricominciare tutto.
Le parole sono fiori d’esilio, frutti d’amore.
Adesso è tempo di andare, mia amata, chiudo le pagine sulla penna e penso a quanto ho vissuto e quanto ho scritto.
Mi chiedo se sia stata più vera la vita nelle pagine o quella della mie scarpe piene di pioggia, questo silenzio di perle o i miei ginocchi sbucciati. Incapace di dare una risposta, mi dico che questa domanda non ha senso e passo oltre.
Intanto, sull’eco stessa delle mie parole mi metto in cammino e mi riscopro viaggiatore e paese, musicista e strumento. A volte sento arrivare la musica da lontano e lontano sento qualcuno che canta amore alle finestre.
A presto, mia amata.
Montesilvano – Libreria On the road – 7 aprile 2018